Jamie Freel e la fanciulla - una fiaba di folletti

 



Ci sono dei progetti che procedono piano piano.
Dipingere un quadro, scrivere un libro sono opere che richiedono tempo, a prescindere dai risultati, mentre oggi ci viene richiesto di produrre e consumare continuamente notizie, in un flusso inarrestabile dove tutto precipita nella voragine di ciò che è dimenticato prima ancora di essere ricordato.
Eppure i tempi umani non sono solo quelli della concitazione e della fretta: per dar luce a qualcosa di bello occorre lavorare con calma, e con pazienza.
Saper aspettare è un dono, far tesoro di quello che nasce nella quiete operosa della creatività e tenerlo al sicuro dal tempo che scorre è una capacità che molti hanno perso ma che fa parte della nostra cultura.
Questo è quanto mi dico mentre, pur lavorando e producendo, non "condivido" poi molto sui social: ma, come dicevo, ci vuole tempo per(tentare di) far bene.
Così il mio progetto va avanti: per Natale la raccolta di fiabe irlandesi da me scelte e nuovamente raccontate in una veste inedita sarà pronta.
Ho selezionato alcune delle fiabe per me più significative e conosciute per raccontarle di nuovo e rinnovare il loro fascino anche al lettore moderno, le ho riscritte e ne curerò le illustrazioni interne e di copertina.
Se non sapete quale regalo concedervi a Natale, seguite la pagina e scegliete questo.
Pubblico di seguito un estratto della fiaba "Jamie Freel e la fanciulla"... buona lettura!


"Era a Fannet che avevo sempre vissuto, e non avevo mai avuto il desiderio di vivere altrove o, se è per questo, di visitare altri luoghi. La mutevolezza dell’oceano, che andava dal plumbeo grigio dei giorni di pioggia al fresco turchese di quelli assolati, mi riempiva gli occhi e il cuore ogni mattina, quando mi svegliavo all’alba, uscendo ancora assonnato dalla capanna dove vivevo con mia madre per respirare a pieni polmoni la fresca brezza marina.

Io e máthair  , tutto ciò che rimaneva della mia famiglia, abitavamo in un  modesto cottage e conducevamo una vita ritirata ma onesta: e non avrebbe potuto essere diversamente, date le poche risorse economiche di cui disponevamo. Facevo del mio meglio per non farle mancare nulla, sebbene non avessi grandi mezzi: tutto ciò che guadagnavo lo usavo per provvedere a noi e alla casa, e badavo sempre a darle qualcosa affinchè non sentisse di dover dipendere da me, ma continuasse a pensare che fosse il contrario. Tenevo da parte solo il necessario per una birra, che mi concedevo una volta a settimana al pub del villaggio insieme agli amici, e poco più.

Amavo trascorrere la maggior parte del poco tempo libero passeggiando lungo la costa e addentrandomi all’interno, in brevi camminate tra i laghi che punteggiavano l’entroterra.

Conoscevo tutte le piante che crescevano sui dirupi a strapiombo sull’oceano e raccoglievo spesso ciuffi di erica, con cui mia madre adornava la casa e confezionava i sacchetti di erbe profumate che rivendeva al villaggio nei giorni di mercato.

Il momento che più amavo della giornata era il tramonto, fiammeggiante di viola e arancione tra le onnipresenti nuvole sparse. Anche se non avevo ancora finito di lavorare, ogni giorno al calar del sole mi fermavo e ammiravo l’oceano baluginare di riflessi dorati, mentre le ombre tra la vegetazione si facevano lentamente bluastre e impenetrabili.

Poco distante dal nostro piccolo cottage sorgeva un vecchio castello in rovina. Ero un giovane sereno e ho sempre pensato che il segreto della felicità fosse l’accontentarsi di ciò che si ha: nondimeno, quando l'inquietudine della giovinezza mi attanagliava con più forza, mi recavo ai ruderi, come li chiamavo con i miei amici, e seduto tra le mura diroccate contemplavo silenzioso la luna, aspettando che l’aria fresca della sera calmasse i marosi del mio cuore.

Mia madre era sempre preoccupata quando veniva a sapere che mi ero recato al castello:

 “Non è modo prudente di comportarsi, Jamie, questo andare in giro di notte! Dopo aver bevuto, poi! Lo sa Dio se non sei un figlio buono e rispettoso,e non potrei chiedere di più, ma non capisco proprio perché tu debba andartene in giro a vagabondare al buio, rischiando di divenire preda di elfi e folletti!”


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