La madre di Oisin - Fiabe d'Irlanda - un'antica storia d'amore

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante orizzonte e crepuscolo


Giant's Causeway, il sentiero del gigante, è uno dei luoghi più affascinanti e suggestivi d'Irlanda.

Secondo la leggenda il sentiero fu costruito da Fionn, eroe della mitologia irlandese, per raggiungere la Scozia e sfidare il gigante Benandonner.
Fionn è anche il protagonista de "La madre di Oisin", fiaba di cui oggi ti propongo l'inizio, nella versione da me rielaborata e presente nella raccolta inclusa in "Fiabe d'Irlanda", in uscita per Natale 2023.
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Buona lettura 🙂
Fabiola
"Era quasi sera. I feniani procedevano a passo regolare. I cani da caccia gli scodinzolavano tra i piedi, adeguandosi spontaneamente all’incedere dei loro padroni. La giornata di caccia era stata lunga e intensa, ed era ora di volgere i passi verso casa.
I raggi del sole filtravano obliqui tra le fronde in un pulviscolo dorato, mentre la sera si avvicinava velocemente e il cielo si tingeva di sfumature color lavanda.
Un improvviso stormire di foglie, e all’improvviso un cerbiatto saltò in mezzo al sentiero, rivolgendo i grandi e liquidi occhi verso Fionn, che camminava a capo della fila.
L’uomo si bloccò quasi istintivamente, attento a non muoversi: le membra tese, contemplò l’animale, ammaliato dai suoi occhi color ambra. Quella quiete innaturale non durò che un istante: i cani cominciarono ad abbaiare, eccitati dalla vista della selvaggina, e il cerbiatto balzò via spaventato, invitandoli ad una forsennata corsa al suo inseguimento.
Fionn raccolse i capelli, candidi come le nuvole in un mattino d’estate, in un nodo dietro la testa e si lanciò furiosamente all’inseguimento.
Non c’erano orari per la caccia, tantomeno se una preda così allettante si presentava spontaneamente davanti a lui: l’istinto a cacciare era innato nell’uomo come nei suoi segugi, Bran e Sceólan: i loro corpi scattanti saettavano in avanti, protesi nell’impeto della corsa. Correvano e correvano finché più null’altro esisteva se non l’ebbrezza della caccia, il resto del gruppo perso indietro in una nebbia indistinta: solo il cerbiatto esisteva, il cerbiatto e quella focosa, irrefrenabile smania di andare avanti, sempre più veloce, sempre più vicino all’irraggiungibile, agile preda.
Fionn seguiva dappresso, veloce come suoi amati cani: le sue lunghe falcate distanziarono presto il resto del gruppo, mentre diventava un tutt'uno con i segugi e lo sfuggente cerbiatto. I piedi svelti e sicuri sceglievano senza esitazione il terreno più saldo, saltando pozzanghere, grovigli di rovi e di radici, per trovare saldo appoggio là dove il terreno era più asciutto. I tre correvano come membra di un’unica creatura, aggirando un masso ed inerpicandosi su quello successivo, tuffandosi nelle fresche ombre di un folto d’alberi, là dove l’ombra era dolce come il miele di un alveare.
Leggere nuvole di polvere si alzavano al passaggio degli inseguitori, mentre il silenzio regnava sovrano. Fionn notò con stupore che i suoi cani non reagivano come nelle solite battute, non si rivolgevano, nella corsa, a cogliere il suo sguardo con i liquidi occhi marroni, cercando l’approvazione che egli non mancava mai di dargli con incitazioni e richiami. Egli li conosceva a memoria: il movimento delle flessibili code, lo scatto all’indietro delle orecchie, la leggerezza con cui poggiavano a terra le zampe nella corsa sfrenata. Non un guaito stavolta, non un latrato turbavano il silenzio del momento: solo lo stormire delle fronde, il rumore delle felci che ondeggiavano al loro passaggio, il sibilo del vento lontano, e null’altro.
Nella concentrazione della corsa, ai margini della coscienza di Fionn, un senso di disorientamento lo colse: non riusciva a capire perché i suoi segugi si comportassero così diversamente dal solito....

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